MANDRAGOLA!
La fine giustifica i mezzi.

Anno II - Numero 6
Novembre 2011

CANTA CHE TI PASSA
La rivista che non puoi non avere se non hai buon senso!
Senza una pagina di piubblicità che non sia la nostra!!
Già un cult senza aver venduto una sola copia!!!




IL RITORNO DEI MAESTRI VIVENTI



PREMIO BELLAMERDRA

Il premio che tutti vogliono ma non tutti hanno

Saremo franchi: c'è così tanta merdra in giro che proprio non sapevamo a chi darlo... Se continua così va a finire che ci tocca cambiare premio...



Che si sappia: in questa rivista non mancano nemmeno le strip umosristiche!
Marlon e Dolly. Storia d’amore tra un lupo al naturale e una pecora clonata



FRASI IMMEMORABILI

Quando si citano le frasi giuste, non c’è bisogno di abbandonarsi a inutili sofismi e dispute filosofiche. Esse sono già verità distillate. Se vi vanno bene, bene. Altrimenti cercatene altre che vi soddisfino maggiormente! Questa volta ecco una frase di folgorante semplicità del grande Peter Brook:

L’importante è salvare la serata

È consolante sapere che anche i grandi Maestri hanno i problemi dei comuni mortali... sì, vabbè, ma chi ci crede... Mah...


LO SPETTACOLO CHE HAI APPENA VISTO O STAI PER VEDERE


La storia ricalca fedelmente il testo di Shakespeare arricchendolo di inserti e suggestioni provenienti dalla riscrittura di Carmelo Bene. Riccardo vive tra la corte e il suo camerino. Tra complotti e menzogne, mette in scena il suo teatro politico. Lady Anna vive chiusa tra le mura del castello, trascorrendo la maggior parte del tempo nella propria camera da letto. Consapevole del destino cui andrà incontro, cerca di conoscere i segreti del suo consorte – e così scopre il teatro. Inizialmente pensa di usare trucchi e stratagemmi per salvare se stessa, ma di fronte alla crudeltà di Riccardo, che non esita a condannare a morte i giovanissimi eredi al trono pur di diventare Re, rompe gli indugi e si impossessa delle armi della finzione e della menzogna. Ucciderà Buckingham, prenderà il posto del sicario Tyrrel e racconterà a Riccardo di omicidi mai avvenuti. Lo terrà buono spacciandosi per la regina Elisabetta e promettendone la figlia in sposa. Usando i suoi stessi copioni, avvelenerà la spada con cui Riccardo si ferirà condannandosi a morte. Una morte che lady Anna si godrà spacciandosi per lo spettro delle vittime e tormentando Riccardo fino allo stremo. Riccardo morirà solo, abbandonato da tutti.


Il tentativo complessivo è quello di sottrarre i personaggi – in questo caso Lady Anna – alla storia e quindi alla rappresentazione. Si tratta di de-scrivere il testo, de-costruirlo attraversando i margini, gli spazi bianchi, le lacune. Provando a inserire un personaggio nei panni di un altro, nei meccanismi che lo riguardano, fino a che punto mutano le intenzioni, i risvolti, le finalità? Si tratta anche di allestire un teatro de-genere opposto a quello che aveva inteso e sperimentato C. Bene. Non più l’assenza della donna per re-istituirne la femminilità, ma l’eccedenza della donna, il suo sostituirsi all’uomo e agli uomini per far risaltare la femminilità proprio nel momento della sua degenerazione, del suo capovolgimento. In fin dei conti, il tentativo di sottrarsi alla rappresentazione, potrebbe consistere nel dilatare, fino a farlo esplodere, il potere del teatro, cosicché si aprano spiragli sul teatro del potere – che è altro nome per indicare, una volta di più, la rappresentazione.


RECINZIONI TEATRALI

1. Merda d'artista. E che...artista!
Una nuova ventata di creatività arriva in Italia. Catene. Un dramma scatologico, dopo le immancabili sterili polemiche dei soliti cornuti del teatro moderno, debutta al Teatro del Monolocale di Milano. Tre settimane intense di colori marci, odori asfissianti, deregolamentazioni igieniche per uno scarico catartico che è molto più che catartico ma soprattutto molto più che scarico. Jean-Claude Le Petit, autore e regista dello spettacolo, dopo essersi affermato sulla scena europea con La vergine immonda e Il petomane ancestrale, chiude la trilogia con un vero e proprio spettacolo di merda. Nessuna volgarità, solo alta poesia. Un vorticoso ruotare di situazioni apocalittiche, stitici esausti, scenografie colme di escrementi. Da Plauto a Rabelais, da Aristofane a Dante, da Ruzante fino a Jarry e al Manzoni, lo spettacolo si snoda in un interminabile elogio della merda e del suo valore artistico e sociale. Ma la storia non è un semplice collage drammaturgico, c’è un sottile filo rosso che tiene uniti i personaggi: le catene. Dagli schiavi dell’antichità agli abat-jours del Liberty, dalle galere spagnole agli orologi da taschino della borghesia ottocentesca, dagli argani delle fabbriche ai moderni sciacquoni a pulsante, la catena è diventata di volta in volta simbolo di oppressione così come di liberazione. Esperienza che il regista impone ad un pubblico che, seduto su water opportunamente sostituiti alle poltroncine della platea e dei palchi, partecipa con effluvi sonori e olfattivi alla buona riuscita del dramma, in una rivisitazione audace e riuscita del coro tragico. Amore e morte, delitto e ingiustizia, menzogna e redenzione: ci sono tutti gli elementi del teatro impegnato, ma lasciati galleggiare in quella sospensione del tragico causata dall’inevitabile impegno del pubblico attento ad adempiere alle proprie funzioni fisiologiche. Merda ovunque, insomma, ma distribuita con intelligenza da Le Petit, che non si sottrae ad un provocatorio finale: il protagonista, novello Prospero coprofago, sorride imbrattato, un attimo prima che gli altri personaggi lancino secchiate di liquami su un pubblico che, colto di sorpresa, si ricompone e abbandona in fretta e furia la sala, in un’ultima, grottesca, liberatoria e veritiera evacuazione generale. Summa catartica, dicevamo, di un’estetica dello stercorario che non indugia sull’autocompiacimento ma ricerca, instancabilmente, il senso ultimo delle cose. Un’opera d’arte totale come mai ce ne sono state e con buona pace di Wagner. Un’opera d’arte di merda che si fa apprezzare dall’inizio alla fine.

Max Casagrande

2. Satira per satiri.
Escort, bunga bunga, prostituzione minorile: arriva infine sulle scene lo spettacolo che racconta questa edificante epopea italiota ma non è, come si potrebbe facilmente pensare, un prodotto nostrano. A raccontare l’attualità del nostro paese tocca a una compagnia di marionette del Liechtenstein. Si chiama Nemo profeta in patria e la compagnia è Brecht & Puppets. La trama è semplice ma dirompente: un genio concede al Premier di esaudire tre desideri. Berlusconi, che si ripromette di usarne almeno uno per salvare l’Italia, finisce per spenderli tutti in piaceri personali. Il primo lo spende per una festa con minorenni procaci provenienti da tutto il mondo in cui se la spassa con ragazze di nazionalità che ancora mancano nel suo portfolio. Il secondo lo usa per scoprire dove si trovi Gheddafi. Gli brucia non potersi essere spiegato circa la faccenda dei bombardamenti. Dopo un litigio iniziale i due si rappacificano e, guarda caso, finisce in bunga bunga. Giunto al terzo, quello con cui dovrebbe salvare le sorti del paese, Silvio si fa prendere da un attacco di sconforto e lo consuma per incontrare il defunto Craxi, padre spirituale e mentore dei tempi andati. Al premier che in lacrime si lamenta di non essere capito e di avere tutti contro, il leader socialista risponde con la frase che dà il titolo allo spettacolo: “nemo profeta in patria”. Graffiante e mai volgare, Nemo profeta in patria si distingue per l’ originale vis comica delle marionette – iper-realistiche ma ironiche – veicolo di una satira pungente e cattiva che provoca ma allo stesso tempo avanza leggera e fruibile. La marionetta del Premier, con il suo pacco priapesco ben in vista e la bandana azzurra è persino tenera nella sua aura infantilesca. I momenti altisono tanti, fra tutti: Gheddafi seguito da un coro di odalische che si muovono sempre con lui, Silvio bendato che toccando i deretani delle ragazze cerca di distinguerne la provenienza, il suo sguardo interrogativo a pubblico sul detto latino pronunciato da Craxi e con cui lo spettacolo si chiude. Gli artisti dietro ai fili, capitanati da Ernst Kollaz e Helga Dryer - rispettivamente regista e creatrice delle marionette - rinunciando a prendere gli applausi, lasciano invece spazio alle marionette, una sorta di “titoli di coda” imperdibile ed esilarante non meno dello show appena visto. Dopo l’esaltante debutto in casa la prossima tappa, sorprendentemente - o forse no, visto l’evoluzione della nostra scena politica - è il Teatro Comunale di Arcore il 2 novembre. Da non perdere.
Paolo Farini

N.B.: alcuni dei personaggi, all'ora di andare in stampa, sono stati destituiti...
Sic transit gloria mundi... mai parole furono più azzeccate...